La conferenza intende riconsiderare uno dei momenti più intensi di contatto fra gli italiani e i francesi: il Rinascimento. Per tradizione si esaltano i frutti culturali di quel momento, incarnati in artisti e letterati italiani che la Monarchia dei gigli chiamò a sé. Non solo il paesaggio culturale, ma lo stesso paesaggio materiale del regno ne fu trasformato, diventando classicheggiante da gotico come era stato sin lì. Se tutto ciò è verissimo, si tende però a dimenticare che furono le cosiddette Guerre d’Italia, iniziate nel 1494 con la discesa di Carlo VIII re di Francia, a rendere possibili quei contatti ravvicinati, in un quadro tuttavia di asimmetria di forze: fino al 1559 l’Italia fu devastata dalle armate straniere – certo non solo francesi. Ecco la strana contraddizione: la gloria di Leonardo ad Amboise e il saccheggio di città intere come Brescia, Capua, Ravenna. E così, scavando un po’, nelle fonti rispettive si incontrano invettive contro i “Franzosi cani” o contro gli “Italiani traditori” e mille altre variazioni ingiuriose. Si generarono così stereotipi di lunga durata che si rincorrono nel tempo: da Vittorio Alfieri, francofono di nascita per via di madre savoiarda, che passò tutta la vita a “sfrancesizzarsi”, come dice lui; sino a Mussolini, che nel 1939, alleandosi con la Germania, rifiutò la “parentela bastarda” con la Francia (ma chiamandola parentela!); o, all’opposto, sino a De Gaulle, che nel 1959 disse che “l’Italie n’est pas un pays pauvre, mais un pauvre pays”. La conferenza, comunque, si concentrerà sul periodo critico delle guerre rinascimentali, con l’intento di cogliere, attraverso episodi talora poco noti e stupefacenti, il momento formativo dell’ambigua e intensa relazione fra due popoli e due culture che la geografia, la storia, l’antropologia hanno voluto simili e vicini.
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